MARIA GRAZIA GIROLA
Opera 1a classificata
Nelle nari…
Nelle nari il profumo di rubinie di una Chiavenna passata,
affacciata ad un corso d’acqua irruente,
con le sue case appassite di antico borgo lombardo.
Riaffiora il ricordo di me ragazzina, che si lavava al catino
in una camera ove lo scricchiolare era del tutto usuale
e così mi riappare lo specchio delle due Valli, abbracciate e
sorelle
che sembrano ora, agli occhi del cuore, ancora più belle.
Valle, ove affacciarsi al mattino
era pensare all’altrui destino,
di chi viveva sempre col lusso alle spalle
di chi doveva accudire le stalle
per guadagnare col sudore e l’affanno,
il rispetto per tutto l’anno.
Transito dovuto per i mille passanti
che d’inverno per lo “Spluga” andavano avanti,
per una strada stretta e tortuosa
che s’inerpicava come stelo di rosa,
con mille spine di case e chiesette
da abbracciare e tenere strette,
fino ad aprirsi in un estremo slancio
in Valle Spluga, ammantata di bianco.
Fatta di neve a perdita d’occhio,
fatta di luce che sembrava un incanto,
fatta di sole che lasciava storditi,
per noi che arrivavamo lì, intirizziti.
Era tutto e troppo, non si chiedeva più niente
perché l’anima era sorridente,
si era finalmente giunti al palco d’onore
di quelle Valli, entrate nel cuore,
per amore od affezione alla sua gente,
una popolazione da sempre coerente
con tradizioni ormai secolari sia culinarie che amatoriali.
Terra al confine ove la Lombardia si riposa
dopo una “medaglia d’onor” doverosa
per chi ha saputo tracciar nella Storia ed il cammino,
il limite tra l’Italia e lo Stato vicino.
ROSA MARIA CORTI
Opera 2a classificata
Il magico popolo della montagna Valle Spluga
Preistorica pace, bianche acque filanti.
Condotti alla briglia i dispettosi folletti
escono dalle loro dorate spelonche,
scendono dai crinali, si riposano in verdi
anfiteatri naturali, ascoltano attenti
la cantilena dei ruscelli, il fresco
e dolce gorgheggiare di uccelli.
Anche Eco, irrequieto e scherzoso,
sembra muto, osserva delle acque
sulle rocciose balze il morbido tessuto.
Si specchiano nelle pozze gli animali del bosco,
intessono fili d’erba le vanitose gazze.
Le fate attendono che sorga la luna
per intrecciare danze al ritmo del vento.
Ed è musica di cembali lo stormire di pini ed abeti,
fra mughi e rododendri si perde l’eterna ballata.
Sotto precipiti massi, nella piccola casa
dalla finestra in croce, qualcuno ascolta
dei Giganti il canto. Risuonano di bambù
le canne strappate agli stagni del Liro nel fondovalle
ed il concerto terreno sale verso Pian dei Cavalli,
riecheggia nella Val di Febbraro
s’eleva oltre la cresta dei monti,
raggiunge del Suretta i ghiacci,
si placa nel magico mondo del lago.
Sorél
Rombo cupo, come di valanga,
sarabanda chiassosa di spettri.
Goffi demoni danzano nella notte
con bizzarre streghe i loro minuetti.
Costretti ad un viaggio senza tempo
con gli occhi cercano qualcosa,
forse quella pace a loro preclusa.
Solo il sorgere del sole mette fine
a tanta pena e crudo tormento.
Ma se t’accosti all’erratico granito
un soffio sentirai come di lamento.
LICIA ROVERI GALLI
Opera 3a classificata
Il Cardinello
Io ho camminato il Cardinello.
Io proprio io, un’avventura un regalo
un mondo di sorpresa scoperchiato
bambina curiosa che ha voglia di andare.
In una giornata perfetta volavano in alto
l’azzurro cobalto schilento
le rocce striate
i gradini scavati consumati dal tempo
levigati dai passi che fanno scultura.
Sul sentiero il dirupo vicino
creazione il burrone come opera immensa
(e il Liro scavato pomposo
cantante sfrenato esaltante
continua l’impresa…)
Ce l’ho fatta io che credevo dopo un momento
di dire torniamo
con le ginocchia stanche
la paura del vuoto
la paura della paura che non ti fa fare
la paura di provare.
No, io ho camminato il Cardinello
come proprio se fossi stata nel passato
di quelli con la gerla che portavano sale
le scarpe grosse ai piedi per farmi sicura
il bastone come nelle stampe stampate.
Ho camminato io il Cardinello
con vicino per mano lei per farmi un regalo
per farmi scoprire un mondo di sorpresa
bambina curiosa che ha voglia di andare.
CARLO ALBERTARIO
Opera 4a classificata
Il vecchio bardo
È qui Madesimo sito importante
per le sue montagne e l’aria fina
che dona l’ampio respir sin da mattina
al pastor e a ogni villeggiante.
Cerco dove Carducci professore,
grande tra i poeti del passato,
veniva a riposar ed estasiato
creava canti per la cima e il fiore.
Poco rimane qui del suo passaggio
e il ricordo è oggi sbiadito
dei giorni di quel tempo ormai finito.
Guardo lassù la vetta e il paesaggio.
Ho il privilegio di posar lo sguardo
dove lo posò lui. Il vecchio bardo.
Sognando il violino
Passando dalla casa del Bertacchi,
illustre poeta di Chiavenna,
mi sovvien l’omaggio che lui fece
a un pari poeta di Milano (*):
un cosciotto di monton che s’accompagna
al pan di segale e al bicchier di vino,
in questa terra chiamato violino.
Lo cerco anch’io da poter gustare
come allora fece quel poeta,
ma non lo trovo. Non lo posso fare
e la bresaola è nel mio destino.
A fette me la gusto, piano piano,
ma resta il sogno di quel violino.
(*) Il poeta Luigi Medici (Milano, 1884 – 1956) che per
ringraziare Giovanni Bertacchi scrisse il sonetto in dialetto
milanese “On viorin de Ciavenna” (Un violino di Chiavenna)
EMANUELA BALLOTTA
Opera 5a classificata
Sulle mie montagne
Quando giungerà la mia ora,
amore mio,
fammi morire sulle mie montagne,
con il vento profumato
che mi accarezza il viso,
le mani che abbracciano la roccia,
lo spirito che vola con le aquile
e tutti i miei verdi boschi intorno.
Fa’ che possa percorrere,
ancora una volta,
i luminosi sentieri della foresta,
correre con fratello lupo,
gioire con lo stambecco,
riposare con la marmotta,
gustare il miele delle sorelle api.
Fa’ che possa volare sul lago azzurro,
bere la neve di mezza estate,
contemplare l’infinito nei fiori della valle.
Quando giungerà la mia ora,
amore mio,
fa’ che sia al tramonto o all’aurora,
in uno dei tempi fra i tempi.
Fa’ che possa stringere fra le mani
la mia spada di luce
e che i miei piedi siano sull’erba alta.
Quando sarà il mio momento, amore mio, dolce signore,
fa’ che il mio cuore sia pieno d’amore perfetto
verso di Te e tutte le tue creature.
Fa’ che possa abbracciare nella pace e nella luce
tutte le galassie e tutto l’universo,
e portare l’esplosione di gioia del tuo amore
fino agli estremi confini del cosmo.
Quando giungerà la mia ora,
amore mio,
fammi morire sulle mie montagne,
con il bacio del sole sul mio viso…
GIULIO REDAELLI
Opera 6a classificata
Nel vespro del silenzio
Come insolito pittore
l’ultimo sbadiglio di sole
disegna gli ampi contorni del Groppera
e in caldo effluvio di silenzio
annega nelle acque del Lago Azzurro
con rapide lame di luce
simili al guizzare di trote iridescenti
Sui rami l’allodola si accompagna all’usignolo
tra rovi di more e mirtilli una cicala
s’attarda col suo canto febbrile
Si fa mio lo smarrimento della sera
in quei lenti rintocchi di campane
che riempiono la valle
di una sommessa preghiera all’Eterno
nell’antico immenso respiro del vespro
e mi assale il ricordo
delle limpide vene dei tuoi torrenti
dell’intenso profumo dell’erba appena falciata
di quei verdi pascoli ondeggianti
come mani protese all’azzurro saluto dell’orizzonte
mentre un soffio di favonio, dagli Andossi
scende ad accarezzare l’ardesia dei tetti
Ecco, come incanto di sogno, improvvisa
nel buio fiorisce la luna:
sono scaglie di luce dorata
giù, per gole e canaloni
a vestire di seta lucente la pietra dei tuoi fianchi
una collana di nuvole dai riflessi perlacei
adorna le tue cime e mille stelle
ti trapuntano i neri capelli di cielo
quasi a farti mia sola principessa della notte
Ormai lontano è il rumore del giorno
e in me, inaspettata, come vertigine d’altezza
come sasso che rotola e nel cuore s’infrange
una nuova gioia si diffonde, leggera.
ROSALBA LEVERATTO
Opera 7a classificata
Ebbrezza di montagna
Da lassù, ti sembra
di poter sfiorare il cielo
e cogliere le stelle;
di poter spiccare il volo
e seguire la scia di un
aeroplano.
Dentro di te,
sensazione di libertà
che ti fa gridare a squarciagola
e senti echeggiare la tua voce;
sensazioni di pace
che ti fa ringraziare Dio
e senti battere il tuo cuore.
Bere a sorsi l’acqua gelida
che zampilla dalla roccia
e ti inebria la mente;
vedere riflessa la tua anima
nello specchio limpido di un lago.
Ebbrezza di montagna
che risveglia i sensi e
accende in te la voglia
di vivere.
PIERALDA ALBONICO
Opera 8a classificata
Qui hai eletto la tua dimora
(In riva al lago di Montespluga)
Verde spruzzato di rosa pastello
e di giallo, l’azzurro del lago campito
fra i prati e la diga
e prima del cielo il profilo puro
dei monti
due nuvole bianche due ali
un solo tremore nell’acque
dopo ritrovo tre nuvole in cielo
e una rondine in volo, altro canto
anche il lago ha mutato la veste
campisce più tenue
tra il prato baciato e la diga
vola radendo un’ala più bianca
lascio che il quadro si aggiusti
a ogni minuto nel suo perenne rifiuto
di essere per sempre immobile
ma solo un farsi e disfarsi
mutevole come le nuvole nuove
nate all’azzurro, i profumi del prato
il sole rotante, le piume
come pennelli imbevuti di vento
ora il bianco nell’acqua attraversa da sponda
a sponda, è mutata anche l’onda
il calore è più forte
qui dove la vita risponde
hai eletto la tua dimora o poesia
della pittura sorella mutevole
qui al centro dell’universo
dove il filo d’erba trema
ed è subito bufera.
MILENA GHELFI
Opera 9a classificata
Campodolcino
Dopo il tortuoso salire,
eccomi sono arrivata!!
Il dolce piano lineare ora percorro
Campodolcino è al suo nascere.
Discreto, un po’ desolato,
con case intrise di ricordi
e ante ormai chiuse da tempo,
che il sole sbiadisce: rispettosamente, teneramente.
Villaggio come tanti, di emigranti,
partiti per sfidare la disoccupazione,
Paese con suoni delicatissimi, educati
Musica di giocose fontanelle
Con acqua limpida trasparente
Pura al pari del saggio che
Disseta la mia curiosità.
La montagna
Alla maestosa e silente
Ma colma di vita la tua terra!
Montagna, hai doni per tutti
Ossigeno, colori e pace,
finanche profumi balsamici, rigeneranti.
Guardandoti mi sento tanto piccola,
ma molto Protetta!
Spettacolo per tutti gratuito, invitante,
intriso di forti colori stagionali,
che ciclicamente si presentano all’uomo
mutando in toni, un teatro perfetto
per l’uomo spesso distratto.
Ogni tua Valle ha una storia,
il vissuto di genti impresso nella memoria.
Paesaggi dipinti da madre natura
Che dalla vetta ammiri, quasi con paura,
ogni tuo luogo è diverso, albergo di uccelletti
scoiattoli e ingenui cerbiatti.
Così ti sento Montagna, disegno perfetto
Pensato da DIO!! PER me e per tutti!!
PIERA MARIA CHESSA
Opera 10a classificata
Insieme
Vorrei correre con te,
come un tempo,
nelle verdi valli alpine.
Tagliare il velluto dei prati,
rubare i profumi
ai larici e agli abeti
e ammirare insieme
le cime bianche e i cieli tersi
delle montagne.
Vorrei ridere con te
delle piccole cose,
apprezzare e godere
di quella semplicità presente
nell’arduo impegno dei montanari.
Sedere con te
sulle sponde di un torrente,
lavare le nostre mani
e i nostri visi
e rinnovare insieme
la mente e il cuore.
E infine entrare,
in punta di piedi,
in una piccola chiesa,
e sostare un istante
ad ascoltare in noi
una voce tenue che dice:
ritrovati.